Conversazioni al mattino

Conversazioni al mattino

 

“Perché mi hai rubato il cuore e non vuoi più restituirmelo?”

Così bisbigliai nel mio cuore, appena apersi gli occhi quel mattino, abbracciato al mio Amore addormentato. Lo osservai, il mio interlocutore.

 La sua mente viaggiava nei propri sogni nei quali tristemente non avrei avuto ingresso mai.

 Io invece, gli permettevo di violentare i miei i ogni giorno, priva di difese, ormai a lui, all’Amore.

Ma provavo repulsione infine, e talvolta quando mi risolvevo così nuda ed inerme ai suoi occhi seppur chiusi, avrei avuto voglia solo di gridare e scappar via così lontano che nessuno nessuno mai avrebbe potuto ritrovarmi e contemplare la mia vergogna, e lui, lui non mi avrebbe confusa più, non mi avrebbe abbattuta al suolo al fine di possedermi in ogni mio aspetto, come se fossi divorata dall’amore in ogni mia parte.

Eppure incapace di respirare, mi aggrappavo al suo respiro.

Il mio torace si sollevava insieme col suo, chiusi gli occhi. Assaporai le sue dita strette fra le mie come catene desiderabili ed insieme odiose invero ad un anima svogliatamente inappetente.

Così tentai di tornare  me stessa senza lui.

 Mi liberai dell’abbraccio e attesi.

 Un suo braccio addormentato mi cinse il petto ugualmente, gravandomi sul cuore ed  impedendomi qualsiasi movimento.

Attesi ancora che quel sentimento così conosciuto dal mio cuore, quel desiderio di distacco, di volere essere altrove da lì, arrivasse, come un treno che mi riportasse a  casa. Ma non giunse e non avevo orologi per controllare il suo ritardo.

 

“Perché mi fai questo?”

mi udii bisbigliare ancora.

Altre volte mi ero allontanata con la mente da altri letti, mi trovavo già altrove al momento di voltare il capo, esaurita una passione, come se essa si fosse sbrigativamente consumata come una candela accesa.

Invece ora Amore impertinente copriva con i palmi una fiamma che aveva acceso lui stesso, tanto biasimata quanto ardente. Non un alito di vento né un sospiro mi avrebbero aiutato a spegnerla.

Ma di tanto amore cosa resta nel cuore altrui mi chiesi. In quale brocca da strabordare posso riversarmi, in quale fantasia trovare pace? Sono sola a provare questo sentimento invero o il mio amante risponde ad un eco solitario? Forse il mio amante addormentato risponde nel modo giusto o non è Amore che lo guida nei suoi gesti?

Domande sciocche, risolvo alfine. Lui è l’ Amore, lo riconosco senza bisogno di usare gli occhi.

 

“Perché lo vuoi?”

Il ricordo della notte appena trascorsa si riverberava ancora sulla mia pelle. Confuso il mio sudore col suo, mi ero persa nel fissarlo senza parole insieme alla luna, taciturna spettatrice e testimone. La sua luce aveva confuso i contorni del suo viso e delle mie emozioni, quale complice di Amore, aveva contribuito a rendere più dolce la prigionia dei miei polsi sul cuscino, mentre la passione correva dentro di me, folle, priva di binari.

Allora ho desiderato che fosse per sempre così, poi fu la notte lontano da me stesso, ed il risveglio, in cui vorrei avere dimenticato tutto  perché non me ne libererò mai più.

Poteva restare un amore immaginato, ma ho desiderato di incontrarlo per sfuggirne infine.

 

“Dove vai, ora?”

Sciocca e vigliacca mi sono alzata. Ho raccolto i miei vestiti, lanciato uno sguardo alla finestra socchiusa su cui ticchetta una pioggia sottile e malinconica. Una lacrima è corsa sulla mia guancia al pensiero dell’addio, ma non un bacio non una carezza gli ho concesso.

In silenzio ho lasciato la mia stanza come già altre volte con altre compagnie. Solo che questa volta il mio cuore è rimasto lì, in quel letto legato alle sue braccia, come se restasse per sempre  un suo ostaggio, in qualunque posto io mi trovi.         

 

Pensierino1: il Nuovo Pub Story ed il valore del ricordo

I pensierini : il pub story ed il valore del ricordo

 

Eccomi a voi per il primo dei pensierini del mese. Seduto sul mio letto, con il portatile di fronte a me ho deciso di affrontare un tema credo a molti caro e cmq ricorrente nella mia passata settimana: il tema del ricordo

 

Ma partiamo dalla fine: la scorsa settimana e precisamente sabato scorso è avvenuto il ritrovamento del pub story ad opera inconsapevole per lo più mia. In realtà il vero merito lo ha trovac’è! ingiustamente bistrattato dai suoi detrattori (GABRIELE! DETRATTORI VUOL DIRE COLORO CHE CRITICANO  IN MODO PEGGIORATIVO QUALCOSA, nel tuo caso il qualcosa è il trovac’è!). Proprio trovac’è! ci ha indirizzato in un posto all’apparenza lontano, la qual cosa, come al solito ha suscitato seri dubbi di attendibilità relativi al locale … se non altro questa esperienza ci spingerà la prossima volta a pensarci due volte prima di scartare a priori i pub che non si trovano entro il raccordo!.

Viaggio lunghissimo, dunque. Pulcino, ahimè assente. Tre macchine ed un uscita che poteva concludersi con la mia lapidazione pubblica … ed invece…troviamo questo luogo, sempre sulla strada per Frosinone, lontano eppure così familiare, non solo nella via in cui si trova, stretta a due corsie, coi palazzi e alberi  bui sui lati (quella non assomiglia tanto a via casperina???!!!), ma anche nelle fattezze del locale, stile western in legno con le lucette gialle fuori. Si chiama ColoradoPub, ma per noi sarà il Pub Story 2. La vera scoperta è stata quella della gestione, praticamente la stessa del pub story e soprattutto abbiamo ritrovato a cantare la  “cicciona” (non me ne voglia, è bravissima) orfana del duo lesbico che infuocava le notti del pub story con struggenti vocalizzi alla Giorgia, penetranti ruggiti alla Anastacia e inusuali interpretazioni di classici nostalgici quali Renga, Il Turuturu (o quello che è) e tutto il repertorio che AlessandroB conosce come il vangelo.

In pratica abbiamo recuperato il pub story in un altro posto e già si preannunciano MOLTE, MOLTE SERATE  all’insegna della pub story mania… scommetto già che sarà la location del prossimo compleanno (a chi tocca stavolta??).

Mentre stavamo al tavolo, mi giunsero dapprima alla mente situazioni presenti :un furto dell’ennesimo menù, una cassa assordante di fronte ad Anna, una cameriera svampita che ci aveva dimenticato,  l’euforia generale per il posto nuovo, la maglietta finta fica di Gabri al sapore di varechina, il silenzio imperscrutabile di Giorgio, un bacio sfuggente di Massi a Vero…

Poi mentre guardavo nei televisori vagamente familiari (li hanno strappati al pub story???), mi vennero in testa immagini del passato, quando gli stessi televisori raccontavano lo stesso karaoke che aveva riempito tanti compleanni, tante serate all’insegna del “Dove si va oggi che non c’è nessuna idea??’al pub story!!!”.

Mi venne in mente quando poggiavamo i gomiti su un altro tavolo, uno di legno scuro, non troppo alto,  ed altri gomiti si agitavano vicini ai nostri, altre voci, altre risate riempivano l’aria, quando molti di noi erano diversi, non facevano i lavori che fanno oggi, o erano più liberi di vivere il loro tempo libero, o non si chiedevano che ne sarebbe stato del loro futuro o non pensavano che certe cose del loro attuale presente avrebbero potuto cambiare così… irrimediabilmente.

Per carità le mie parole sembrano NOSTALGICHE, ma attenzione, la parola giusta è RIMEMBRATIVE… Si pensa COMUNEMENTE che la nostalgia sia sempre nostalgia di qualcosa in positivo, ma mai in negativo, perciò preferisco rimembrative come aggettivo perché NON INTENDO AFFATTO FARE UN DISCORSO DI PASSATO-PRESENTE BASATO SUL antagonismo BELLO-BRUTTO o meglio-peggio, sarebbe ingiusto soprattutto nei confronti delle nuove anime di questo gruppo.

Bensì faccio solo un discorso su quanto le cose possono essere DIVERSE anche se passa un breve lasso di tempo, come quello che ci ha diviso dal pub story.

 

Quando ti capita di andare in un posto come il Colorado, che tanto ne ricorda un altro, eppure è DIVERSO, ti viene un po’ da pensare. E così mi è capitato in realtà di riflettere assai brevemente allora  (e poi nei giorni successivi più intensamente) a quanto il ricordo faccia parte di noi più della realtà.

Il ricordo è ovunque. Pervade le nostre parole, le nostre emozioni, e condiziona il futuro. A volte prende le sembianze di una persona, altre quella di una certa situazione in cui si viveva, altre volte ancora il ricordo si riferisce all’esperienza che si ha della realtà, e a volte il ricordo si concretizza in una massima, una lezione che non devi dimenticare.

Ma pochi colgono questo aspetto del ricordo!

Molti invece non se ne liberano mai e spesso questo modo di fare condiziona la loro vita per sempre, perché tutto, tutto deve confrontarsi con qualcos’altro per essere apprezzato, cose, persone,animali, locali .

Prendiamo il Colorado: è stato apprezzato soprattutto perché ricorda il Pub story. E ne abbiamo  parlato tutta la sera come il nuovo pub story. Questo mi ha sorpreso perché senza accorgercene abbiamo dato un valore al passato più forte del presente.

 

Ed allora mi chiedo

SE ANCHE VOI COME ME

Non avete pensato per un attimo

Che la nostalgia per quel posto

Non nasconda,

Sottesa,

Una nostalgia per il passato?

O forse si tratta solo di una semplice rimembranza neutra?

La risp può apparire oziosa ma non lo è, perché rispondere ci aiuta in realtà a capire come viviamo il presente. Come lo viviamo? Come l’evoluzione di una nostalgia o di una rimembranza? Credo di sapere che molti di voi lo vivono come una nostalgia di cose passate che non ci sono più.

Io invece lo vivo come una rimembranza, un SEGNO EVIDENTE DELLA TRISTEZZA DELLO SCORRERE DEL TEMPO. Così forte… Eraclito azzeccava quando esclamava “panta rei!”, ma quanto scorre forte il tempo!,qualcuno ci fa mai caso? NO… SOLO QUANDO CAPITA DI ANDARE IN UN POSTO COME IL COLORADO.

Nessuno LO sente , il battito del tempo, quanto pulsa come un cuore che non si ferma mai, comeun fiume che trascina via i ciottoli dell’esistenza, forse in modo così tanto impetuoso che la nostra testa ha bisogno della Nostalgia come mezzo per non perdere di vista il passato, quasi come una  barchetta con cui spingersi contro corrente. Una risalita destinata alla sconfitta, una risalita inutile. Il tempo scorre in una sola direzione.

 

Vivere il passato con nostalgia può però essere anche bello, certo, ma rischia di non farci guardare mai avanti, rischia di rendere taluni di noi troppo attenti a guardare all’indietro, senza accorgersi dei paesaggi che si ha davanti, che appunto SONO DIVERSI.

Mentre invece chi guarda al passato con semplice rimembranza, privo di giudizi, SA COGLIERE IL DIVERSO CHE CONNOTA IL FLUIRE DI TUTTO, E ACCOGLIE LA DIVERSITà, come strada CHE BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI PERCORRERE.

 

Eppure nel corso della settimana precedente, mi ero soffermato in altro modo a parlare del ricordo. Perché mi sono posto io nel passato e mi sono chiesto QUANTO di me resterà nel futuro, QUANTO DI ME CI SARà NEL FUTURO, forse nulla… ed allora cosa ricorderò di me? Quali aspetti resteranno dentro di me per sempre e QUALI SENSAZIONI LASCERò nel cuore di altri?. Puoi incontrare tante persone nella tua vita. La maggior parte le conosci di vista, diverse le hai conosciute per qualche tempo e poi non più, altre hai deciso di non vederle per un po’, altre le hai abbandonate per sempre, altre le hai conosciute per una sera e sono rimaste, mentre altre ancora sono state solo la conoscenza di una sera E NIENTE DI PIù. MA COSA RESTA DI NOI?

CHE ORMA ABBIAMO LASCIATO SUL TAVOLO DI LEGNO DEL PUB STORY?, CHE COSA ABBIAMO COMUNICATO AD UN INTERLOCUTORE OCCASIONALE, O A QUALCUNO CHE NON VEDIAMO Più PER NOSTRA SCELTA O PER SCELTA DEL DESTINO?

QUANTO ABBIAMO APPRESO DAI NOSTRI ERRORI DI GIOVENTù,? QUANTO DALLA NOSTRA SREGOLATEZZA, CHE CI RENDEVA COSì CIECHI DAL NON ACCORGERCI CHE LE COSE AVREBBERO POTUTO BENISSIMO ANDARE IN MODO DIFFERENTE SE SOLO AVESSIMO AVUTO PIù …CORAGGIO.

 

Ma poi c’è chi rifugge dal ricordo, perché troppo doloroso. Perché ti fa capire che stavi meglio prima, ma tutto è perduto. Questi sono quelli che, in quella barchetta, remano remano in avanti con così tanta foga da rovesciare la barchetta stessa. I loro errori li seguono per sempre, vivono troppo nel disperato tentativo di cogliere la diversità del divenire e non si concentrano sull’ATTUALITà DELLE SITUAZIONI, la quale ci pensa da sola a diversificarsi, senza bisogno di interferenze!

 

Forse il discorso vi avrà annoiato e forse non sono riuscito a spiegarmi bene come vorrei. Però riflettete sul valore del ricordo e su come volete vivere il passato…. Vi consiglio la rimembranza… è ora per me di dormire. Poggiano la testa sul cuscino, poco prima di spegnere la luce, darò un rapido sguardo ai tanti cartoncini colorati dei pub in cui sono stato, tutti là appiccicati sopra lo scaffale..

Il  ricordo riempie i miei occhi, dunque, fino a poco prima di chiuderli.                       

     

 

 

The shield: Vick, l’umano troppo umano?

The shield

 

Recentemente, e preciamente da qualche giovedì, ho avuto modo di conoscere un nuovo telefilm, The Shield. L’ora è sempre tarda, le dieci e mezza, a volte le undici, quando nessuno fa più caso a niente e tutto può essere buono per colmare le ore prima del sonno. Ebbene si, lo ammetto, sono stato uno di quelli che davanti ad un telefilm sui poliziotti, connotato da caratteri piuttosto crudi e violenti, pervaso da profonda cattiveria e legato a filo doppio con un ostinato realismo, ha storto il naso ed ha pensato: “Io vedere una cosa del genere? Mai!”. Questo per due serie.

Poi invece, una sera, vinto da un inarrestabile curiosità, del tipo “Non fa per me, ma non può farmi male” ho deciso di sedermi in poltrona e gustarmi la scarsa oretta del programma.

 

Bene allora, mettetevi sul divano con me, perchè se cercate emozioni forti e temi interessanti, nell’affollato grigiore degli ultimi programmi televisivi, forse, forse posso darvi il consiglio giusto.

 

Cominciamo dal nome “The Shield”. Bene, vuol dire “il giubbotto”, precisamente quello degli agenti di polizia, ma se guardate bene il vocabolario di inglese (e tutti ne avrete uno) scoprirete che può volere dire anche “scudo”. Perché questa digressione sull’etimologia? Beh perché sarebbe riduttivo pensare a questo telefilm attraverso il suo significato più semplice  e per questo considerare che si tratti del solito telefilm su poliziotti, più o meno violenti, dei soliti “Distretto” o “La Squadra” o “NYPD”. In  realtà qui siamo di fronte ad un telefilm che affronta l’idea stessa di “scudo”, lo scudo che ognuno di noi possiede e che usa per difendersi dalla realtà rosea o terribile che ha di fronte.

E in The Shield la realtà ha tratti davvero foschi, benché la location sia Los Angeles, città solare e ricca per eccellenza, (secondo voi Ridge vive in un inferno?).

Un gruppo di poliziotti, attivi in uno dei quartieri più degradati e a rischio delinquenza  trascorrono il loro tempo a sedare le risse fra bande, controllare gli spacciatori, salvare le prostitute, combattere la piccolo-media delinquenza e frenare quella organizzata. Niente di diverso da quello che fanno i tanti normali polizieschi anche italiani, penserete voi, ed invece no.

Innanzitutto la vita qui è rappresentata in modo schiettamente realistico, forse anche troppo  grazie alla ripresa sgranata che garantisce un effetto live al cento per cento appesantito dalla ripresa quasi traballante, stile “Strega di Blair”. Ma non è questo il punto.

I protagonisti, che spaziano da poliziotti a detective ad agenti, sono loschi quasi quanto i criminali che arrestano. I loro metodi di arresto sono schietti ed ai limiti della legalità; loro non interrogano, estorcono testimonianze e, devo dirlo per dovere di cronaca da futuro laureando in giurisp, non c’è puntata che non violino qualche centinaio di norme sui diritti personali.

 Sprezzanti del pericolo si espongono in prima persona per strada  e sembrano disposti a tutto per averla vinta contro la criminalità della zona con una foga che rasenta quella dei loro stessi nemici.

 

Ed ecco che, amici miei, è qui che emerge la specialità di The Shield, quell’aspetto che devi cogliere per evitare di girare canale inorridito. Dietro quell’esigenza della legalità, quell’esigenza che la legge ti difenda, ti faccia da scudo contro l’irrazionale, che ti difenda da ciò che è violento nel mondo si cela l’uomo comune, l’uomo reale con tutte le sue paure. C’è l’umano troppo umano che ha paura e si difende ma poi, usa lo scudo, la legge o la forza d’animo come arma;  ed ecco che Shwann…. tenta, tenta di fare emergere quel lato così tristemente umano che c’è dietro ognuno di noi, quel lato così esposto e terribilmente indifeso che spinge gli stessi protagonisti a piegare la legge al loro fine offensivo, per fare giustizia tutti i costi .

Ma è qui che si cala l’errore. I personaggi non FANNO GIUSTIZIA a tutti i costi, BENSì SI FANNO GIUSTIZIA A TUTTI I COSTI.

Prendiamo il protagonista, Vick, uomo violento fra i violenti, certo!era un criminale pure lui un tempo, uno invischiato in affari loschi, ma ne è uscito pulito. Ora è lui a condurre i pestaggi, le azioni dirette contro la criminalità, usa la legge come arma di attacco e se ne sbatte delle garanzie da assicurare ai fermati. Non gliene frega niente del fatto che criminale o meno, abbia a che fare pur sempre con uomini, per lui si tratta SEMPRE di feccia da rinchiudere o da eliminare, legalmente o meno, ma meglio se legalmente. Vick reagisce male se il suo capo lo tiene fuori dalle azioni, perché troppo esposto. Deve essere lui a sbatterli dentro, deve essere lui a vincerli, quei delinquenti.

Dietro tanta foga, che sembra animare ogni singolo personaggio, e quasi l’intero distretto, viene da chiedersi: “perché poi tanta rabbia?  ”e “Perché poi mantenere sempre quella garanzia di legalità sottesa e piegata ad altri fini?”

Quello che mi ha colpito di Vick è stato il suo forte bisogno di agire, quasi una necessità di spingersi in strada, sbattere per terra il delinquente e fargli sentire che chi comanda è lui. E’stato allora che ho capito che forse dietro lo scudo di Vick si nasconde la paura che è in tutti noi di non essere all’altezza, di non sapere affrontare le cose nel modo giusto. Vick ha una moglie che pare avere una mezza cotta per un suo collega, due figli autistici che non riesce ad aiutare, un capo donna che lo stima e lo teme allo stesso tempo, una che  pretende da li il massimo, sempre. Lui la ripaga SEMPRE, in modo pulito o sporco poco importa. Ma non lo fa per lei, ALLA FIN FINE lo fa per SE STESSO. Per sentirsi vincitore, per poter pensare di essere riuscito a sopravvivere.

Allora the shield, lo scudo diventa una metafora molto, molto comune per ognuno di noi. Rappresenta quel modo, così terribilmente difensivo, che spesso teniamo nei confronti di noi stessi, quella difesa che in realtà nasconde gli artigli pronti a ferire se qualcosa ci tocca IL NOSTRO INTIMO, quella difesa che si trasforma in attacco, quando sei pronto a tutto per proteggere il tuo mondo. E lì dietro lo scudo, c’è un mare di paure che non vorremmo affrontare mai, la paura di restare soffocati. Così quando riusciamo a vedere le vittime dei nostri artigli, vittime che abbiamo ucciso con un FACILE scudo che pare un arma legittima, ci convinciamo che per oggi ce l’abbiamo fatta, per oggi.

Eppure in Vick c’è un cuore che pulsa per i suoi ideali, per la sua famiglia che non vede mai e che tratta in modo rozzo e superficiale, per i suoi amici. Proprio quando scoprirà che uno dei suoi compagni del distretto, uno dei suoi “fratelli” sta’ tradendo tutti per un gruppo di spacciatori e addirittura è pronto a ucciderlo per tirarsi fuori da un giro troppo sporco, proprio allora emerge il Vick umano, il Vick che, per la prima volta in vita sua, non riesce a tirare fuori la pistola ed uccidere il suo ex-amico novello omicida, am gli chiede di colpire per primo.

 E quando poi la città viene scossa dalla notizia dell’uccisione di due poliziotti, è allora che Vick è incontenibile, è allora che la rabbia prende il sopravvento e lo scudo diventa una vera arma d’attacco, lecito o meno. L’anima è stata esposta! Ed allora? Ora bisogna lottare, e riconquistato l’amico traditore, occorrerà difendere anche lui. Tutto per difendere il proprio mondo, caro Vick, la metafora dell’uomo di oggi, che guarda il mondo invaso dal terrore in ogni angolo ove porga lo sguardo e non crede nella sicurezza del proprio scudo, se non come un arma.

Vincerà la sua lotta? Viene da chiedersi… la risposta credo si trovi in ognuno di noi,                    

Ciao a tutti…. eliantio!  

  

 

Me…ora 2005

 
Me ora 2005
 
Nella costruzione di questo blog ho cercato innanzitutto di capirne il significato, poi ho rinunciato… avrei potuto leggere dei doc sull’argomento che avevo scaricato, ma poi ho pensato "no", lo vivrò come viene, come un viaggio lastricato di emozioni e sensazioni libere da tirar fuori quando capita, uno spazio personale in cui mostrare un pò di se stessi…ed allora credo che non ci sia modo migliore di cominciare, che descrivendo l’autore. Premetto che non ho mai amato parlare di me, chi mi conosce lo sa e non ha bisogno di leggere fra queste righe scritte ascoltando la mia musica (Ally in primis). 
Dirò quel che basta, quel che c’è da sapere:
Antonio è un ragazzo di 24, non molto alto, (la natura è stata perfida), recentemente tenta disperatamente di acquisire un fisico tonico(fra una chiacchierata e l’altra con la mia amica Vero e l’allenatrice chiacchierona), occhi castani, (faccia da furbo mi dicono), e capelli castani…non riesco a cambiare aspetto nel corso degli anni, così taluni mi han definito Dorian Gray.
 
Antonio ama definirsi speciale perchè ritiene di avere una musica dentro che lo guida per la vita dettando le sue emozioni a fogli, azioni, persone.
 
Gli piace definirsi come un tipo con i piedi sulla terra e la testa in mezzo ai sogni, questa è la definizione che gli si addice di più. 
 
Studio giurisp, una scelta che a pensarci bene non c’entra affatto con me, ma forse mi sarà utile come lo sono le zavorre delle mongolfiere, quelle che non ti conviene gettare altrimenti resti per aria per sempre.
 
Qualcuno ha detto che sono "saggio", ma la saggezza è una dote che tiro fuori solo quando serve, mentre un saggio è saggio sempre ed io non sono così, sono particolarmente diretto e recentemente critico della gran parte delle persone che mi circondano e la maggior parte delle volte penso poco prima di aprire bocca.
 
Antonio non può definirsi senza citare i suoi amici che rappresentano la sua grande famiglia della quale va sempre particolarmente fiero e con la quale condivide il 12esimo tiburtina’s creek, una saga che cambia sempre certi personaggi, a parte un nucleo di fissi che gira da una vita, più di dieci anni, dodici per l’esattezza. Posso ben dire di vivere una moderna fiction che non credo finirà davvero mai.
Posso dire con fermezza di credere nel valore dell’amicizia che ahimè batte decisamente a punti l’amore, perchè ho incontrato persone troppo fantastiche per credere il contrario. Addirittura mi capita di frequentare persone che appartengono alla mia infanzia (dall’asilo alle medie), perciò non posso che definirmi soddisfatto di questo fatto, anche se ahimè vorrei molto molto più tempo da dedicare loro…purtroppo non tutte le zavorre possono essere scaricate facilmente.
 Posso dire altresì che mi diverto e non solo con i miei amici.Mi diverto, credo di essere riusicto in vita mia a divertirmi con le persone che frequento, di non essermi rintanato in una vita buia stile coppia "ioete, tu ed io ed il mondo fuori da noi stessi", un modo di fare che mi ha fatto sempre vomitare. Mi piace ballare, vedere locali, frequentare persone nuove e so che legherei anche con Satana se potessi.    
 
 Il tempo. Il tempo è quello che mi frega… lo sappia qualunque persona che ha a che fare con me. Io ho sempre il tempo contro, quando studio, quando prendo il bus, quando cerco tempo per sognare, parlare, uscire.
Ultimamente il tempo è stato poco, per me nei conronti di tutti, perciò se vi manco leggete qualche riga del blog, che lì c’è un poco di me, sempre.
Antonio non ama telefonare, non prendetevela, è fatto così, ma poi gli passa. Vi vuole bene anche se non vi sente.
 
L”ultima coordinata per capirmi è ricordare che amo le storie. Qualunque storia. Dalle telenovelas stile beautiful (raga, suor taylor è tornataaaaaaa… propongo di farla a pezzi la prossima volta così brooke starà tranquilla !, ai telefilm (Io SONO ALLY MCBEAL  AL MASCHILE, ma non raccontate in giro che ho piccole visioni anche sonore se no mi rinchiudono) , ai racconti tristi degli amanti delusi, a quelli allegri delle ragazze soddisfatte senza dimenticare le crisi amicali, gli amici insicuri e arrabbiati, i disperati, i sereni, i cinici, i disperati e gli insoddisfatti. Penso che chiunque di voi può riconoscersi in almeno una di queste categorie. Vi voglio bene, come farei senza le vostre storie??? mi date tanta ispirazione!!! Spero che continuerete sempre a raccontare. 
 
La vita è una storia, raccontate, raccontate! una volta gli aedi raccontavano l’odissea per le strade, ed i greci svenivano nei teatri vedendo la medea,i romani ridevano di plauto, la pittura raccontava emozioni inespresse a paroleed il romanzo dell’800 ha cambiato la nostra visione dei sentimenti, mentre nel 900 ci si interrogava sulla pochezza umana e sulla crisi imperante in ognuno di noi. solo raccontando si ci dimenticava della propria solitudine e ci si consola con l’esistenza di altre solitudini insieme alla tua.
 
Basta vi ho detto tutto. Ora ho sonno. La mia memoria ai posteri, solo questo conta, lasciare un impronta nel cuore di un altro. Spero che la mia sia grande. 
 
Tonio          
 

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Oggi 9 novembre nasce questo blog, grazie alla fruttuosa collaborazione di un pulcino e di un criceto (ripagata a plumcake e biscotti). Il criceto si impegnerà a renderlo il più possibile interessante ma spero vivamente che qualcuno di voi faccia sentire la sua voce. In attesa di mie nuove vi saluto, visitatori, viandanti e passanti.. un bacio a tutti! 

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