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Addio Marquez… Cent’anni di magia sulla strada per Macondo

   gabriel_garcia_marquezMuore l’autore del capolavoro che ha inspirato il mio amore per la lettura, “Cent’anni di solitudine” che mi ha fatto inaugurare la prassi di sottolineare le frasi, di ricostruire eventi e personaggi… quelle note a matite sulle pagine che sottolineano la vita di personaggi immaginari rendendolo immortali

E’ stata la prima notizia che ho sentito stamani, “Marquez è morto”, ed io aprivo gli occhi dopo un sonno fastidioso, breve e profondo, come quelli che capitano quando al mattino presto ti svegli per errore e ti riaddormenti subito. E così ho pensato. “No, Non è così”. Poi quando il Tg ripete la notizia, nella solita litania televisiva del primo mattino, capisco che è vero e decido di svegliarmi. E penso, “è già immortale”.

MACONDOE per tutta la mattina ripenso a Macondo, a Cent’anni di Solitudine al sonno di José Arcadio Buendía per me quasi un eroe, che sogna Macondo, una città che ancora non esiste e che svegliatosi, deciderà di fondarla vicino ad alcuni fiumi: una città immaginaria nella quale vivranno 17 generazioni di discendenti ed un numero spropositato di amici/nemici- avventori, mistici e puttane, figure straordinarie, immortali, almeno nella mia memoria (Come dimenticare Pilar, ma anche la mia preferita Rebecca, la figlia reietta che si succhiava il dito e mangiava la terra).

Un libro meraviglioso “Cent’anni di solitudine”, un libro che DEVE essere letto e non solo perché racchiude quel “realismo magico” che  fece scuola, ma anche perché racchiude una straordinaria riflessione sul Tempo, sulla sua ciclicità, sulla ripetitività della Storia e degli Avvenimenti. Marquez quasi ci conduce ad una consolazione: la Solitudine in cui ci costringe il Tempo, quando tutti muoiono ci viene ripagata con l’Immortalità nelle menti di chi viene dopo di te e tramanda il tuo ricordo. Il Destino è scritto, quasi impresso dentro un Codice, che anche nel Libro viene ritrovato e che racchiude il Destino di una Famiglia travolta dalla Storia.

alberogenealogicoSono grato a Marquez, perché riconduco proprio a “Cent’anni di Solitudine” il mio innamoramento per la lettura. Lo lessi tre volte, la terza mi divertii a fare tutta la genealogia dei Buendia. Un albero genealogico che trovavo sconvolgente, su cui mi arrovellai, segnando con la matita tutti i nomi che comparivano nelle pagine, di uomini e donne immaginari.

Così mi sono innamorato della lettura e delle note a piè di pagina, nel sottolineare i Passi dei Libri, e credo anche a cercare il significato degli Avvenimenti narrati.

Dopo “Cent’anni”lessi non solo altri suoi romanzi, ma anche quelli di diversi colleghi sudamericani allora in voga: su tutti la Allende (l’unica a darmi i brividi immaginari di marquez) , ma anche Sepulveda (non emozionante) e Cohelo (a tratti sopravvalutato) . E su ognuno di loro c’era una nota, una linea sottolineata, una orecchietta, per segnalare il mio passaggio.

Perché ecco, credo che il grande insegnamento di Marquez sia statolibroaperto proprio questo: fermare il tempo, farlo ruotare intorno a personaggi immortali per non farli morire davvero mai. Come vorrebbe capitare a noi,  o almeno a me che avrei voluto essere parte di quella città immaginaria, Macondo, che esiste per sempre e sempre esisterà nei cuori di chi ha letto  la descrizione di una Immortalità.

Incipit Cent’anni di Solitudine

“Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».