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SO TUTTO SULLE DONNE@Teatro Testaccio: un sorriso sulle tenere fragilità maschili


Al Teatro Testaccio va in scena fino al 18 maggio “So tutto sulle donne” una commedia di Marco Falaguasta, per la regia di Marco Fiorini, un’occasione per ridere e sorridere in compagnia di cinque giovani attori su ciò che gli uomini credono, spesso a torto, sulle donne.

Il testo diverte, e tanto, il pubblico del Teatro Testaccio che applaude a buon ragione: su quel palco si agitano tanti “noi stessi”, tanti “nostri amici” con cui abbiamo parlato fino a notte fonda almeno una volta nella vita e che ora ci troviamo qui rappresentati e un po’ sbeffeggiati. Il passo versol’immedesimazione e la risata facile è dunque breve. Tanto più se nelle debolezze e confusioni di questi adolescenti-uomini troviamo traccia di ciò che (ancora in parte) pensiamo sull’altro sesso.

sui cliché e i luoghi comuni derisi bonariamente, ruota tutto lo spettacolo che procede piacevolmente anche grazie ai quattro attori (Luca Latino, Flavio Moscatelli, Ezio Passacantilli, Andrea Carpiceci) ognuno dei quali dà prova di grande autoironia, buon uso del dialetto a fine comico; i quattro improvvisano persino qualche siparietto (a volte troppo prolungati) per spezzare la narrazione scenica che si svolge in un unico contesto spazio-temporale: la piazza, luogo di unione e condivisione dove l’amicizia maschile, la complicità e le confidenze sul sesso dominano la scena senza lasciare diritto di replica, fino allo sdegnato “ripudio” del mondo femminile.

La recensione completa su Gufetto:

Dawson’s creek, dalle sigle al senso della nostalgia

Sarà per via di questo tempo assurdamente inclemente a metà primavera, che nel pieno di una notte dove riesco

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poco a prendere sonno ed ho troppo polline e pensieri in circolo, mi son tornate in mente quelle notti più tormentate della mia neanche troppo lontana adolescenza, dove Dawson’s creek regnava sovrano dei miei bollori e delle mie perversioni giovanili.

Così spulciando su Youtube alla parola “dawson’s creek”, non ho potuto non guardare il medley delle sigle, tutte. Dalla 1a alla 6a stagione, comprese le sigle per episodi speciali, intervallandole con qualche soffiata di naso, non so per la commozione (ma si!) o per il polline. Non ho visto i promo strappalacrime di quei matti che hanno assemblato le scene o i momenti topici, ho guardato solo le sigle.E null’altro. Perché? perché chi ricorda dawson’s creek veramente, e ne ha capito il senso non lo riguarderà mai più, o se capiterà, o sarà costretto a guardarlo ancora, lo farà con un certo disappunto,temo.

Questo perchè Dawson’s creek ha parlato per anni della nostalgia di se stessi, di quel passaggio dalla fase adolescente a quella quasi matura con un misto fra disappunto e lacrimuccia per ciò che fu e che ora non è più, ed è questo che mi spinge a scrivere ora, quasi in preda ad un istinto nostalgico che mi piglia solo nelle giornate di pioggia.

castA distanza di anni, posso dire che DC ha segnato la mia vita: soprattutto quella impermeata di anni 90, dai capelli gelatinati ed un po’ gonfi quando le camicie a quadro avevano un certo Non so ché.

Ebbene sì! nella prima adolescenza non posso non ammettere di essere stato (e di avere incontrato) un Dawson nella mia vita,  e di essermi detto “Svegliati!” come ho fatto a metà delle superiori. Credo anche di essermi innamorato di qualche Joey, mal ricambiato, di non aver compreso appieno le mie amiche Jen  e di avere avuto almeno un Pacey che mi faceva ridere ed una Andy da ascoltare nei suoi deliri di pazzia.

Pur non amando Jack, lo sono diventato alle Superiori, e devo ammettere che sono cresciuto più con Jack che con Dawson: io sono uno di quei (pochi) che ha sempre tifato per Joey&Pacey (“perchè la vita va avanti Dawson…”), uno di quelli che ha adorato il passaggio all’Università quando il mondo intero ancora piangeva forte e disperato l’allontanamento da Capeside (del resto quel lago putrido puzzava un pò troppo di muffa infantile, o no?).

eddieIo sono uno di quelli che adorava Audrey ed il suo cervello grande come la sua miniborsetta, adoravo vedere Jack scheccare coi maschioni della confraternita e sognavo di incontrare un ragazzo come Eddie…come Eddie chi? lo scrittore che ci provava con Joey alla 6 stagione!, quando ancora Pacey non si era ri-fatto avanti e …io volevo un Oliver Hudson un amore diverso da tutto, che mi guardasse al mattino con una tazza di caffè rossa fra le mani (qui il link alla scena), lasciandomi così  addormentato e dimentico dei miei doveri, visto che il me stesso dell’Università era diventato un’insopportabile Joey incapace di divertirsi. Eddie era l’uomo che sognavo, che volevo mi dicesse “Voglio che mi giri intorno”  come un atto dovuto che mi avrebbe portato alla deriva qualora avessi poi smesso di farlo.

E così mentre ascolto ancora le sigle, ripenso a quanto si cambia, a come ogni anno della propria vita assomiglia veramente ad una sigla di un telefilm in cui si nota un passaggio, un cambiamento verso qualcosa di diverso.
Ora non so bene in cosa mi sono trasformato, forse in una Ally Mc Beal incapace di fare la voce grossa.

Non sono ancora un uomo fatto come Dawson nell’ultima (e solo nell’ultima ) puntata e non sono più quel timido Jack in cerca di se stesso, ho le mie rigidità alla Joey ed i miei principi non più troppo puritani e rimpiango di non avere più nessuna Jen nella mia vita.

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Eppure sono felice, perché quando ascolto le canzoni che facevano da colonna sonora al telefilm  ripenso a come mi rapportavo con i miei primi amori, con le prime difficoltà e mi apprezzo per come è andata!, mi apprezzo quando ricordo i ragazzi che mi sono passati davanti e quelli che se ne sono andati, i tanti che volevano che “restassi loro intorno”, e finalmente comprendo quanto ho appreso da Dawson’s creek, ovvero quel sacrosanto principio che Joey sviolinava ad un Dawson rasssegnato, quel “Dobbiamo andare avanti” che suona sempre familiare anche quando si diventa veramente grandi.