THE WHITE ROOM@Teatro Tordinona: risate fra follia e solitudine

Si tratta di un’opera breve e divertente che lascia molte risate e qualche piccola lacrima nel volto dello spettatore che non si lascia troppo incantare dalle caricature difficili che l’attrice mette in scena.

Il titolo dello spettacolo fa riferimento ad una “white room”, una stanza pensata come un foglio bianco, realizzata inserendo sulla scena dei teli bianchi che disegnano le pareti ideali di una stanza dove prende vita l’estro creativo della Gramaglia, trasformista, comica, incisiva, quasi folle ed eppure terribilmente spassosa.

Quest’opera è infatti in bilico fra il riso e il pensiero. La Gramaglia interpreta dei personaggi che evidentemente le sussurrano delle emozioni contrastanti: le prime cinguettano teatralmente, gridano e si infuriano; l’ultima, Gelsomina, sussurra, è ripetitiva e tragica, come nella maschera felliniana.

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SO TUTTO SULLE DONNE@Teatro Testaccio: un sorriso sulle tenere fragilità maschili


Al Teatro Testaccio va in scena fino al 18 maggio “So tutto sulle donne” una commedia di Marco Falaguasta, per la regia di Marco Fiorini, un’occasione per ridere e sorridere in compagnia di cinque giovani attori su ciò che gli uomini credono, spesso a torto, sulle donne.

Il testo diverte, e tanto, il pubblico del Teatro Testaccio che applaude a buon ragione: su quel palco si agitano tanti “noi stessi”, tanti “nostri amici” con cui abbiamo parlato fino a notte fonda almeno una volta nella vita e che ora ci troviamo qui rappresentati e un po’ sbeffeggiati. Il passo versol’immedesimazione e la risata facile è dunque breve. Tanto più se nelle debolezze e confusioni di questi adolescenti-uomini troviamo traccia di ciò che (ancora in parte) pensiamo sull’altro sesso.

sui cliché e i luoghi comuni derisi bonariamente, ruota tutto lo spettacolo che procede piacevolmente anche grazie ai quattro attori (Luca Latino, Flavio Moscatelli, Ezio Passacantilli, Andrea Carpiceci) ognuno dei quali dà prova di grande autoironia, buon uso del dialetto a fine comico; i quattro improvvisano persino qualche siparietto (a volte troppo prolungati) per spezzare la narrazione scenica che si svolge in un unico contesto spazio-temporale: la piazza, luogo di unione e condivisione dove l’amicizia maschile, la complicità e le confidenze sul sesso dominano la scena senza lasciare diritto di replica, fino allo sdegnato “ripudio” del mondo femminile.

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CON AMORE MARC E BELLA CHAGALL@Teatro Studio Uno: uno sguardo Luminoso ai Sogni nell’oscurità della Storia

Un’opera intensa e appassionata, potrebbe definirsi così “Con amore Marc e bella Chagall”, il testo scritto e diretto da Valentina D’Andrea, in scena fino al 27 aprile al Teatro Studio Uno. Si tratta di un’opera preziosa, che fa luce sulla vita del pittore ebreo bielorusso, naturalizzato francese, Marc Chagall e di sua moglie, un racconto d’amore immerso nella storia più crudele del novecento dove le due guerre mondiali, la rivoluzione russa e l’avvento del nazismo fanno da sfondo “rumoroso” ad un amore che si affianca, senza sovrapporsi, alla passione del pittore per la propria arte.

Completamente a loro agio sul piccolo palco del Teatro Studio Uno, Castano e D’Andrea commuovono e incantano con la semplicità pura di un amore delicato e difeso contro la Storia, mostrandosi come “due gocce nel mare, perdute nel Mondo”, una coppia inossidabile in cui ognuno dei due “porta sotto le scarpe la propria Terra, attaccata alle scarpe”, (un riferimento alle origini ebraiche della coppia) e si batte per quella Libertà espressiva, sentimentale e sociale messa alla prova dal trasecolare degli Eventi del novecento.

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CICLOPI-TERRA DI NESSUNO@Teatro Abarico – La gabbia e l’inquinamento dell’Anima

E’ andato in scena il 17 e 18 aprile al Teatro Abarico, nel cuore di San Lorenzo, Ciclopi – Terra di Nessuno per la regia di Paola Tarantino, uno spettacolo curioso e interessante e dalla forte connotazione di denuncia sociale e ambientale.

Le interpretazioni dei giovani attori Carolina Cametti, Massimiliano Frateschi, Emanuela Valiante, Fausto Morciano, sono piuttosto estremizzate e grottesche; i personaggi risultano fin troppo caratterizzati al punto di rendersi volutamente odiosi e nevrotici, fastidiosi e ripetitivi.
Eppure è quella la strada giusta rispetto al tema scelto e alla volontà registica di estremizzare una reale denuncia sociale: quella dell’inquinamento ambientale e culturale della nostra società che si rinchiude in se stessa, in Gabbie costruite appositamente per i propri componenti, i quali si infischiano degli altri e del mondo circostante al punto di non comprendere più i reali confini della realtà. 


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Addio Marquez… Cent’anni di magia sulla strada per Macondo

   gabriel_garcia_marquezMuore l’autore del capolavoro che ha inspirato il mio amore per la lettura, “Cent’anni di solitudine” che mi ha fatto inaugurare la prassi di sottolineare le frasi, di ricostruire eventi e personaggi… quelle note a matite sulle pagine che sottolineano la vita di personaggi immaginari rendendolo immortali

E’ stata la prima notizia che ho sentito stamani, “Marquez è morto”, ed io aprivo gli occhi dopo un sonno fastidioso, breve e profondo, come quelli che capitano quando al mattino presto ti svegli per errore e ti riaddormenti subito. E così ho pensato. “No, Non è così”. Poi quando il Tg ripete la notizia, nella solita litania televisiva del primo mattino, capisco che è vero e decido di svegliarmi. E penso, “è già immortale”.

MACONDOE per tutta la mattina ripenso a Macondo, a Cent’anni di Solitudine al sonno di José Arcadio Buendía per me quasi un eroe, che sogna Macondo, una città che ancora non esiste e che svegliatosi, deciderà di fondarla vicino ad alcuni fiumi: una città immaginaria nella quale vivranno 17 generazioni di discendenti ed un numero spropositato di amici/nemici- avventori, mistici e puttane, figure straordinarie, immortali, almeno nella mia memoria (Come dimenticare Pilar, ma anche la mia preferita Rebecca, la figlia reietta che si succhiava il dito e mangiava la terra).

Un libro meraviglioso “Cent’anni di solitudine”, un libro che DEVE essere letto e non solo perché racchiude quel “realismo magico” che  fece scuola, ma anche perché racchiude una straordinaria riflessione sul Tempo, sulla sua ciclicità, sulla ripetitività della Storia e degli Avvenimenti. Marquez quasi ci conduce ad una consolazione: la Solitudine in cui ci costringe il Tempo, quando tutti muoiono ci viene ripagata con l’Immortalità nelle menti di chi viene dopo di te e tramanda il tuo ricordo. Il Destino è scritto, quasi impresso dentro un Codice, che anche nel Libro viene ritrovato e che racchiude il Destino di una Famiglia travolta dalla Storia.

alberogenealogicoSono grato a Marquez, perché riconduco proprio a “Cent’anni di Solitudine” il mio innamoramento per la lettura. Lo lessi tre volte, la terza mi divertii a fare tutta la genealogia dei Buendia. Un albero genealogico che trovavo sconvolgente, su cui mi arrovellai, segnando con la matita tutti i nomi che comparivano nelle pagine, di uomini e donne immaginari.

Così mi sono innamorato della lettura e delle note a piè di pagina, nel sottolineare i Passi dei Libri, e credo anche a cercare il significato degli Avvenimenti narrati.

Dopo “Cent’anni”lessi non solo altri suoi romanzi, ma anche quelli di diversi colleghi sudamericani allora in voga: su tutti la Allende (l’unica a darmi i brividi immaginari di marquez) , ma anche Sepulveda (non emozionante) e Cohelo (a tratti sopravvalutato) . E su ognuno di loro c’era una nota, una linea sottolineata, una orecchietta, per segnalare il mio passaggio.

Perché ecco, credo che il grande insegnamento di Marquez sia statolibroaperto proprio questo: fermare il tempo, farlo ruotare intorno a personaggi immortali per non farli morire davvero mai. Come vorrebbe capitare a noi,  o almeno a me che avrei voluto essere parte di quella città immaginaria, Macondo, che esiste per sempre e sempre esisterà nei cuori di chi ha letto  la descrizione di una Immortalità.

Incipit Cent’anni di Solitudine

“Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».

Teatro: quell’amante che mi aspetta

Il Teatro mi arricchisce dentro.logo3

Riflettevo qualche tempo fa, che è più
di un anno che sono redattore per Gufetto e caporedattore con orgoglio da settembre, guidando una squadra di persone fantastiche.

reda_gufettoHo fatto un percorso tutto mio tra 2013 e 2014: sebbene il mio lavoro come redattore tecnico sembri un progetto eterno che si ripete però con mutevolezza inconsueta, e sebbene l’amore ci sia e si nutra di esperienze, viaggi e ripitturamenti di casa vari, e gli amici anche ci siano (fra alti e bassi, invidie più o meno celate e incomprensioni incomprensibili), sentivo di aver Fame, fame di arricchimento, di un arricchimento tutto mio …

2014-04-13 18.53.39ed il Teatro e la Critica sono arrivati nella mia vita come uno stimolo a cercare domande che prima nemmeno mi sarei fatto.

Così ogni settimana per un giorno a settimana attraverso la città, mi siedo in un Teatro diverso e con il mio taccuino analizzo, cerco di capire questi spettacoli, questo mondo così libero per natura e insieme schiavo della crisi, questo mondo dove la critica gradualmente sparisce, ma che sembra immortale, che conserva una specie di innata propensione alla sopravvivenza, nonostante la tecnologia, la tv ed il cinema abbiano preso il sopravvento sull’arte in se.

cathedral3Invece io amo il Teatro, mi piace attraversare anche tutta la città nel traffico e ispezionare le zone intorno al teatro per capire la città; perchè capisci molto della città andando in giro per i teatri che dominano la zona;

io amo sedermi alle 21 in un posto che non conosco, assistere ad opere immortali della letteratura classica, o opere nuovissime mai andate prima in scena. Amo i teatri piccoli, quelli Off, quelli che nessuno conosce, quelli che la gente ignora perfino possano esistere.

Adoro andare solo, sedermi e, col mio taccuino in mano, cogliere quei dettagli che non mi arriverebbero in altro modo. Adoro sentire gli stomaci dei vicini brontolare, ascoltare le conversazioni di donne un po’ in là con gli anni, che vengono al teatro con l’amica fissa, i giovani attori che fanno rumore fuori dalla scena, adoro stringere le mani delle ragazze degli uffici stampa, sempre sorridenti, sempre gentili.

heaven_teatrodueAdoro vedere andare in scena milioni di vite diverse,milioni di storie che altrimenti non conoscerei mai. E soprattutto Visito altri universi che non arriverebbero mai alla mia porta.
Per molti il teatro è un impegno occasionale, una serata diversa da tante altre, un “tanto per cambiare”, per me no. Per me è LA SERATA PER ME.  Quel momento dove parlo con me stesso, mi sussurro i pensieri che altrimenti non mi verrebbero in mente, elaboro i problemi che mi riguardano senza pretesa di risolverli.

sipario2La sera del teatro è la mia passione, il Teatro il mio Amante che mi aspetta altrove in roma, altrove da me, che mi conduce per mano per strade che non ho mai visto per pigrizia, che siede davanti a me a cena, che mi fa scorgere la vita degli altri seduti oltre un tavolino, o dall’altro lato della fila di poltrone .

Il Teatro, quella Passione a cui cerco di dare voce e di cui scrivo, sperando che non muoia mai e che sia il mio Amante segreto per tanto tanto tempo.

NELLA CATTEDRALE@Teatro Spazio Uno: come guardare alla realtà?

Riccardo de Torrebruna, attore, autore e regista teatrale di lungo corso ci regala un prezioso riadattamento teatrale di “NELLA CATTEDRALE”, un racconto del grande scrittore Raymond Carver, all’interno della deliziosa cornice del Teatro Spazio Uno di Trastevere fino al 19 aprile. Sulla scena lo stesso Riccardo de Torrebruna, una sommessa Valentina Chico ed un pregiato Emilio Dino Conti.

La piéce è pressoché fedele al racconto originale: siamo in un contesto familiare piccolo borghese americano, moglie e marito in crisi ospitano per cena un professore cieco (amico di lei) che ha perso da poco la moglie. La donna e il professore sono uniti da lunga amicizia e da un ininterrotto scambio di confidenze attraverso dei nastri registrati; il marito diffida del vecchio insegnante e dei suoi sentimenti per sua moglie, ma durante la cena il suo modo di vedere le cose cambierà radicalmente.

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MEDEA@Teatro Eliseo: quell’amore infelice che rende crudeli

Maria Paiato, in scena al Teatro Eliseo fino al 17 aprile ci restituisce una “MEDEA” vibrante e rabbiosa, in una splendida reinterpretazione del furore del controverso personaggio appartenente alla grande tradizione classica greca.

Quello che va in scena al Teatro Eliseo è però una inquietante rilettura di Pierpaolo Sepe del mito (trasposto nella versione di Seneca): sul palco si dibatte una Maiato-Medea intensa e appassionata, portatrice di quel “furor” classico che porta alla perdita del senno, divisa com’è fra la rabbia per la propria condizione di straniera in terra straniera, abbandonata ingiustamente da suo marito Giasone e folle per quelle scelte sbagliate compiute in nome di un amore che, infine, l’ha tradita. E che sente quindi di dover punire, anche col sacrificio dei figli.

Sepe non ci mostra dunque solo Medea, ci mostra tutta la fragilità di un animo ferito, dove il “furor” vince sulla ragione, ma dove anche il più estremo dei sacrifici, quello dei figli, è combattuto, è contrastato, ci costringe a rinchiuderci in un dolore costellato di mille ripensamenti.

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